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quale una larga vetrata lascia scorgere tutta la corte e l’ala sud del castello. Un magnifico chiaro di luna bagnava di luce il paesaggio. Le colline sfumavano in lontananza e in quella pallida luce le vallate parevano grandi buchi d’ombra. La dolcezza di questa bella notte mi riconfortò alquanto.

A un tratto vidi muoversi una cosa lungo il muro esterno nel punto ove guardano, credo, le finestre degli appartamenti del Conte. Mi celai un po’ nell’ombra senza tuttavia staccar gli occhi dal muro. In quell’ombra movente riconobbi il Conte. Non distinguevo il viso ma le sue mani speciali lo tradiscono abbastanza. La mia prima impressione fu di curiosità; di lì a poco provai del terrore: l’uomo, con la testa all’ingiù, strisciava su quel muro a piombo sull’abisso. Il suo mantello si spiegava a foggia d’ali. Come credere a’ miei occhi? Non era un giuoco della mia immaginazione? No, davvero non mi sbagliavo: quell’uomo, con l’agilità d’un ramarro s’aggrappava mani e piedi ad ogni angolo della pietra. A quale creatura mi sono dato in mano? Ho paura! ho paura! ho paura!

15 maggio.

Vidi un’altra volta il Conte uscire dal castello in quello strano modo. Ne ho subito approfittato per esplorare gli appartamenti. Ho preso nello mia stanza l’unica lampada e sono sceso nell’hall, ove ho constatato che si poteva facilmente tirare i catenacci della grande porta e togliere le catene. Ma la serratura è chiusa a chiave. Bisognerà che io cerchi questa chiave. Errai per i