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Ma allora? Il postiglione che mi condusse la prima sera è il conte stesso? Sì, incontestabilmente.

Ed è anche un conduttore di lupi! Perchè i miei compagni di viaggio lo temevano? Perchè uno di essi mi ha dato un fiore d’aglio e un altro una rosa selvatica? Benedetta sia la brava ostessa che mi fece dono di questa crocetta il cui solo contatto mi rassicura. Chi è questo Conte Dràcula? Cercherò di farlo parlare, stassera, senza tuttavia destar sospetti.

Mezzanotte.

Ho parlato a lungo col Conte, gli ho rivolto alcune domande sulla storia della Transilvania e questo soggetto lo appassiona. Parla degli eroi nazionali come se li avesse conosciuti e delle battaglie come se vi avesse preso parte. «La gloria dei Boiardi, ha detto, è la mia.» Quando parla della sua casa, dice sempre «noi» come un re. Mi ha interessato molto col suo entusiasmo.

«Ahimè! ha sospirato, i tempi guerreschi non torneranno più, non si osa più spargere il sangue, ai dì nostri, e i grandi nomi non possono più segnalarsi in combattimenti gloriosi.

Non mi sono coricato che al mattino. Questo giornale somiglia alle Mille e una Notte; la storia si ferma al canto del gallo.

12 maggio.

Non voglio dar relazione qui che di fatti constatati.

Iersera il Conte è venuto nella mia stanza e m’ha interrogato su questioni legali.