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giù la cassa. Gli zingari s’avventano su di lui; vedo luccicale un coltello e lancio un grido. Morris interviene; è lui che riceve la coltellata. Jonathan si sforza di scassinare il feretro. Gli zingari, sotto la minaccia dei fucili, sembrano domati. Il sole sta per scomparire. Vittoria! Jonathan ha fatto saltare il coperchio della cassa e scopre il corpo del nostro nemico: il Conte è pallido come la cera e da’ suoi occhi traluce un folle terrore.

Lo spazio d’un lampo e il largo coltello di Jonathan gli mozza il capo mentre Quincy Morris gli immerge il proprio pugnale nel cuore.

Il miracolo è istantaneo: il corpo cade in polvere.

Dietro di noi, il castello si stacca sul cielo rosso.

Gli zingari, atterriti, son saltati sul carro, allontanandosi a corsa.

Ma il nostro povero amico Quincy s’accascia, portandosi la mano sul fianco sinistro. Un fiotto di sangue gli cola fra le dita. Accorriamo. Egli mi prende la mano e guardando la mia fronte dice con aria di beatitudine: «Il segno è scomparso, posso morire tranquillo.»

Ci siamo inginocchiati accanto a lui, piamente.

È morto da prode.