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18 | brahm stoker |
da voi desiderati circa la questione che vi interessa.»
Il Conte stesso scoperse i piatti e fiutai non senza piacere l’odore di un eccellente pollo arrosto.
Un’insalata, del formaggio ed una bottiglia di vecchio Tokay completavano gradevolmente la mia cena, durante la quale il Conte mi interrogò sul mio viaggio. Quando fui satollo, ci insediammo accanto al fuoco ed accettai con riconoscenza il sigaro offertomi. Il Conte, da parte sua, si scusò di non fumare. Esaminai a bell’agio la sua fisionomia.
Aveva un naso aquilino, le narici assai dilatate, una gran fronte e una bella capigliatura che però si diradava sulle tempia. Aveva sopracciglia folte che si univano, una bocca crudele, e denti aguzzi che denotavano una straordinaria vitalità in un uomo della sua età. Il mento era marcato, le guance liscie. Ciò che maggiormente colpiva era il suo strano pallore.
Le mani pelose erano volgari, le dita allargate s’adornavano d’unghie lunghe e taglienti. A un dato momento si chinò verso di me e mi toccò col dito; non potei reprimere un brivido, nè dominare un senso di repulsione. Il Conte se n’accorse certo poichè si tirò indietro con un sorriso.
Seguì un breve silenzio.
Guardando verso la finestra, vidi che l’alba sorgeva. A un tratto, dalla valle salì il grido dei lupi. Gli occhi del Conte scintillarono.
— Ascoltate questa musica — disse con estasi.
Vide il mio stupore e aggiunse:
— Voialtri, cittadini, non potete capire le gioie dei cacciatori.
E, alzandosi: