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— Dove siete? — chiese Van Helsing.

Ella rispose come in sogno, con una voce lontana:

— Non so, non conosco i luoghi.

— Che cosa vedete?

— Non vedo nulla, è buio.

— Che udite?

— Lo sciacquio delle acque. È il rumore delle onde.

— Allora siete su di una nave?

— Sì, sì, appunto!

— Che udite ancora?

— Sopra la mia testa dei passi d’uomini, un rumor di catena e uno scricchiolio simile a quello dell’argano sopra la ruota d’ingranaggio.

— Che fate?

— Non mi muovo; è calmo, calmo...

Chiuse gli occhi e respirò lievemente come se dormisse.

Il sole s’era alzato. Arturo spalancò le persiane. Il sole inondò la stanza.

Il dottor Van Helsing appoggiò dolcemente la testa di Mina sul guanciale e fece alcuni passi magnetici. Dopo alcuni istanti ella riaperse gli occhi. Guardò tutti noi.

— Ho parlato in sogno? — chiese.

Il Professore le riferì interrogatorio e risposte.

— Non c’è un momento da perdere — disse ella; — forse non è troppo tardi.

Arturo e Morris già si precipitavano.

— Ehi ragazzi miei, dove volete andare? — disse Van Helsing. — Il battello levava l’àncora nel momento in cui ella parlava e ci sono tanti battelli nel porto di Londra!... Ah! canaglia! Capisco adesso perchè gli ci voleva tanto denaro!