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dracula | 135 |
Egli scosse tristemente la testa e con aria di rammarico angoscioso:
— Non ho niente da dire. Se potessi parlare, non esiterei, ma non sono padrone in quest’affare. Vi prego di credermi sulla parola. Se rigettate la mia richiesta, le conseguenze ricadranno su di voi.
Volli metter fine a quella scena ridicola:
— Venite, amici miei, dobbiamo lavorare. Buona sera, Renfield.
Feci un passo verso la porta ma il contegno del malato mutò subito. Si avventò così vivacemente verso di me che temetti un attacco omicida. Ma no: mi cadde soltanto davanti a ginocchi, giungendo le mani per implorarmi.
— Oh! dottor Seward! dottor Seward! — fece con le lagrime agli occhi — permettetemi di lasciar questa casa senza indugio. Mandatemi dove vorrete, fatemi sorvegliare da guardiani, legatemi le braccia, mettetemi magari la camicia di forza ma portatemi via di qui. Non vedete che ho ritrovato la mia ragione? Non voglio perderla di nuovo. Abbiate pietà di me, lasciatemi andare!
— Via, calma — dissi rialzandolo un po’ bruscamente. — Fareste meglio a coricarvi.
Tacque di botto e mi lanciò uno sguardo profondo. Poi sedette sull’orlo del letto. Nell’atto in cui mi ritiravo, disse con voce ferma:
— Mi renderete più tardi questa giustizia, dottor Seward, che stassera ho fatto tutto quanto era in poter mio per convincervi.