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graziosa signora Harker ci servì il thè. E, per la prima volta, la mia vecchia casa ha l’aria di un «home».

— Dottor Seward — m’ha chiesto la signora Harker — m’accordereste un favore? Vorrei vedere il vostro malato, Renfield. Quel che dite di lui nel vostro giornale m’interessa vivamente.

Non ho osato rifiutarglielo e l’ho condotta meco, precedendola nella cella di Renfield al quale annunciai una visitatrice.

— Perchè? — mi chiese.

— Perchè desidera vedere tutti i miei clienti.

— Sta bene. Fatela entrare. Ma aspettate un minuto che io faccia un po’ d’ordine.

Si accontentò di inghiottire le mosche e i ragni rinchiusi in una scatola; e non appena finita questa disgustosa operazione, disse allegramente.

— Entri pure!

Sedette sull’orlo del letto, a testa bassa, ma alzò gli occhi per vedere la visitatrice. Per un istante temetti non avesse intenzioni omcide e mi collocai ad alcuni passi da lui.

La signora Harker entrò nella stanza con graziosa disinvoltura. È un atteggiamento che in generale impone il rispetto ai pazzi. La calma li impressiona. Ella s’avanzò verso di lui con la mano tesa.

— Buongiorno, signor Renfield. Il dottor Seward mi ha parlato di voi.

Il pazzo non rispose subito, ma la squadrò intensamente.

— Voi non siete la fanciulla che il dottore voleva sposare — disse finalmente; — no, è impossibile, poiché quella è morta.

— Infatti — rispose la signora Harker sorri-