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Toglie le viti ad una ad una, solleva il coperchio e lascia vedere la cassa di piombo.

Voglio impedire quella profanazione.

— Lasciatemi fare — ripete.

Con l’aiuto d’una piccola lima ha fatto un buco nel coperchio. Indietreggio alquanto, temendo lo spandersi dei gas della putrefazione.

Il maestro pratica un’apertura di alcuni centimetri, avvicina la candela e mi fa segno di guardare: la bara è vuota.

— Siete convinto adesso? mi chiede.

— Il corpo di Lucy è scomparso: che cosa prova? Si potè sottrarlo. C’è della gente che dissotterra i cadaveri.

— Incredulo! — dice Van Helsing sospirando — vi si farà toccar col dito la verità.

Rimette a posto il coperchio, prende i suoi arnesi e spegne la candela.

— Serbate la chiave — mi dice.

— No, grazie: che ne farei?

Egli non insiste e mi dice di far la guardia ad una delle porte del cimitero, mentr’egli sorveglierà l’altra. M’apposto a’ piè d’un salice piangente ed egli s’allontana. L’aspettativa è lunga. Odo suonare mezzanotte, poi la una, poi le due. Rabbrividisco di freddo e mando il mio compagno a tutti i diavoli. A un tratto credo di vedere un’ombra bianca scivolare fra due cipressi verso la tomba di Lucy. Una figura d’uomo la segue: Van Helsing certo. Accorro verso di lui. In quel punto, il gallo canta.

Van Helsing tiene fra le braccia un bimbo.

— Dubitate ancora?

— Sì — faccio io, aggressivo.

— Usciamo dal cimitero — dice bruscamente.