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dracula | 111 |
— Sta bene. Vi seguirò.
Abbiamo trovato sveglio il bambino: il dottor Vincenzo sollevò la piccola fasciatura per mostrarci la gola. Era la stessa ferita osservata sul collo di Lucy.
— A che cosa l’attribuite? — chiese Van Helsing.
— A una morsicatura di topo, forse; a meno che non sia uno dei pipistrelli tanto diffusi sulle colline al nord di Londra.
Van Helsing scosse la testa.
— Tenetelo in attenta osservazione, finchè sia interamente guarito — disse al Dottore.
Cadeva la notte mentre uscivamo dall’ospedale.
— È inutile affrettarci — disse Van Helsing; — abbiamo tutto il tempo.
Desinammo in una piccola osteria suburbana e verso le dieci ci avviammo.
I fanali distanziati rischiaravano appena gli scarsi viandanti sulla strada. Finalmente si arrivò al muro del cimitero. Gli demmo la scalata, non senza fatica, poichè era buio e scorgemmo l’avello dei Westenra. Il dottore introduce la chiave nella serratura e mi prega cortesemente di passare per primo; avrei fatto a meno di quella cortesia. Dopo aver accuratamente rinchiuso il cancello, si cava di tasca una candela e l’accende. Questa tomba che, fiorita, m’era già di pieno giorno parsa lugubre, sprigiona stasera, con i suoi fiori avvizziti, le sue ragnatele e i suoi cancelli arrugginiti, una tristezza opprimente.
Il mio compagno estrae di tasca un cacciavite.
— Che state per fare?
— Aprire il feretro, poichè è il solo mezzo di convincerci.