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ecc. L’egoista non si considera quale uno strumento dell’Idea, o un vaso di Dio; egli non si riconosce alcuna vocazione; egli ritiene di avere un’altra ragione d’essere, invece di contribuire allo sviluppo dell’umanità, e non crede di essere obbligato a portarvi il proprio contributo; egli vive la propria vita, per se stesso, senza curarsi se alla umanità ne deriva una perdita o un utile. Se fossi certo di non essere frainteso, facendo credere che io voglia esaltare lo «stato naturale», mi piacerebbe ora ricordare «I tre zingari» del Lenau. - E che! Sono io forse al mondo per realizzarvi delle idee? per apportare col mio civismo la mia pietra alla realizzazione dell’idea di «Stato», o, col matrimonio, dare esistenza, quale sposo e padre, all’idea di Famiglia? Che m’importa di tale vocazione? Io non vivo secondo una vocazione, così come il fiore non germoglia e non esala il suo profumo per dovere.
L’Ideale «Uomo» sarà realizzato solo quando il concetto cristiano si trasformerà e diventerà: «Io — l’Unico ~ io sono l’Uomo». La domanda «Che cos’è l’Uomo?, si muterà allora in questa: «Chi è l’Uomo?». E sarai tu stesso che dovrai rispondere. «Che cosa», significa il concetto da realizzare; cominciando da «Chi è», la domanda non ha più ragione di esistere, perchè la risposta è personalmente presente in chi interroga: la domanda è la sua propria risposta.
Si dice di Dio: «I nomi non ti definiscono». Così è pure di me: nessun concetto può esprimermi; nessuna cosa di ciò che si esibisce quale mia essenza può definirmi, poiché essi non sono che dei nomi. Si dice ancora di Dio che egli è perfetto e che quindi non ha alcuna vocazione d 1 aspirare verso la perfezione. Ebbene, la stessa cosa si deve pur dire di me.
Io sono il proprietario della mia potenza; e tale divento appunto nel momento stesso in cui acquisto la coscienza di sentirmi Unico. Nell’Unico il possessore ritorna nel Nulla creatore dal quale è uscito. Qualunque essere superiore a me, sia esso Dio o Uomo, deve inchinarsi davanti al sentimento della mia unicità, e impallidire al sole di questa mia coscienza. Se io ripongo la mia causa in me stesso, l’Unico, essa riposa sul suo creatore effimero e perituro che da se stesso si consuma; quindi potrò veramente dire: - Io ho riposto la mìa causa nel nulla,
FINE.