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tutti gli aspetti del paesaggio meraviglioso. E l’intero paesaggio, veduto da quell’altezza, non pareva più che un amplissimo mare solcato da striature cupe, le valli, sollevato in larghi cavalloni immobili dalle creste bianche sfrangiato in mille lince bizzarre, tagliati dai solchi neri dei crepacci insidiosi.
Lontano, verso mezzogiorno, i cavalloni si abbassavano e il mare di rocce aveva ondulazioni più lievi, poi, s’indovinava l’abitato allo sbocco delle valli amplissime. Ma a settentrione, a oriente, a occidente la cortina fitta di montagne andava ripetendosi in una distesa senza confine sino all’orizzonto estremo. Adesso, Noris distingueva perfettamente alla destra tutto il gruppo del Thèodulhorn col Breithorn, e più su il Gornergrat, il Riffelhorn, lo Stockhorn oltre il quale si apriva, dominata a destra dal gruppo maestoso e candido del Mischabel la vallata della Viège coll’altipiano di Zermatt vicinissimo. Fra l’una e l’altra montagna v’erano gole profonde e cupe in fondo alle quali s’indovinava un torrente alimentato dai ghiacci eterni, o era una distesa candida per neve recente o una pianura inclinata verdognola, il ghiacciaio, solcato qua e là dai crepacci aperti come gole di trabocchetto, o ancora un prolungarsi della roccia nera striata come se sopra vi fosse passata, strisciando, un’altra montagna: la Morena.
Adesso, anche il Cervino si rivelava: Noris era già passato tre volte al disopra del rifugio Luigi di Savoia, aveva già superati i «Degrès de la Cour» e contemplato sotto di sè la «vallée des glaçons». Il suo velivolo passava adesso all’altezza del «cattivo passo», la terribile sporgenza di roccia librata sull’abisso e la superava, e saliva ancora, lasciandosela alle spalle, sollevandosi in un’altra voluta della infinita spirale descritta nell’azzurro per portarsi all’altezza della spalla del Cervino.
Oltre, sarebbe stata la vittoria.... Nell’aria freddissima passavano folate brevi, come un saluto, un susurro; l’espressione della meraviglia dello