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tano e più in basso. Avere di fronte lo spazio aperto necessario per portarsi in alto in alto, fino a superare la cortina rocciosa che gli chiudeva di fronte l’orizzonte, poi tagliare dritto verso nord-est e scendere sul suolo svizzero.

Sostituì Breuil col villaggio di Paquier come punto di partenza, e mantenne come punto di arrivo Zermatt. Ma neppure questa doveva essere la risoluzione definitiva. Innumerevoli difficoltà si affacciarono per il trasporto de d’apparecchio su per la carrozzabile di Valtournanche, cosicchè Noris stabilì senz’altro di partire da Châtillon. Il volo sarebbe stato più ampio, ecco tutto. Mutato il punto della partenza, aveva sostituito anche quello d’arrivo: non più Zermatt, ma la valle d’Hérens sarebbe stata la sua meta, e nella valle, ampia, selvaggia, bella, il paesello di Evolena.

Così, era partito da Châtillon in quella mattinata estiva, limpida e calma come un augurio propizio. Aveva atteso, per spiccare il volo, che il sole fosse emerso nella valle e avesse pittato il suo oro o la sua porpora sulla vetta della gran piramide, dissipandone il cappuccio di nebbia e di nubi che ogni alba vi ritrova.

Era partito innalzandosi fra l’applauso scrosciante di una folla singolare composta dei più svariati elementi, salita dalle grandi città lontane, venuta da ogni valle e da ogni casolare intorno, uscita da tutte le caso della cittadina, da tutti gli alberghi e dalle ville, più commossa che curiosa, persuasa di assistere al più grandioso tentativo di suicidio che la storia della follia e dell’audacia umana avesse mai contemplato.

Indifferente ugualmente a quella indovinata persuasione o alla commozione collettiva e all’applauso frenetico che voleva essere saluto supremo, s’era innalzato Noris, toccato soltanto, sino in fondo all’anima, dalle lagrime sorprese nell’occhio della piccola ignota confusa tra la folla e muta.

Un altro ricordo egli portava con sè salendo salendo con regolarità e tranquillità, attento