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non dovette neppure disturbare nessuno per recarsi ad occuparlo.
Ancora da lassù il suo primo sguardo fu per il campo. Ettore Noris non si vedeva.
— Sarà nell’hangar, intorno al suo apparecchio, — pensò Eva.
C’era invece, sul campo, in mezzo a un gruppo di giornalisti e d’uomini sportivi, Lorenzo Rolla che doveva pilotare un Farman e che era già in tenuta da volo; scafandro di tela cerata ed elmetto di cuoio.
Istintivamente, Eva confrontò il costume di Lorenzo Rolla con quello di Ettore e pensò che quest’ultimo era più scuro e più opaco.
— Più funebre, — pensò con un brivido.
Poi, il suo povero cuore malato prese a battere con violenza perchè quel pensiero improvviso le era parso di malaugurio.
— No, no, no! — disse mentalmente, con forza, come a scongiurare la possibile sventura.
Ettore avrebbe vinto, Ettore doveva vincere.
Ma come tremavano, adesso, i suoi gracili polsi e come le battevano, alle tempia, le arterie!
Come poteva la moglie di Lorenzo Rolla essere così serena e tranquilla?
Dal suo posto Eva la vedeva benissimo seduta presso all’hangar, circondata da una piccola corte di giovani eleganti intenta a chiacchierare, a scherzare, a ridere. Non temeva, dunque? o non comprendeva il pericolo? o non amava suo marito e poco le importava di lui?
Ecco, ella rideva rideva buttando indietro la testina civettuola stracarica di riccioli posticci, scoprendo due file di denti candidissimi tra le labbra tinte di carminio e una gola bianca nuda, libera, palpitante.
Era bella la moglie di Rolla.
Una fitta improvvisa di gelosia attraversò violenta e rapida come un colpo di pugnale il cuore di Eva.
Anche Noris avrebbe veduto che quella donna era bella e quella donna, forse, avrebbe ambito anche l’omaggio di Noris.