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presso la nuca, in una carezza fraterna che mise un brivido nelle vene di Susanna, le chiese con voce dolcissima:

— Non c’è stato nulla fra voi e Kindler, vero?

Ella accennò di no col capo senza parlare.

— Allora — proseguì Noris colla stessa intonazione lenta, carezzevole, persuasiva — non dite più la cosa enorme che avete detto poco fa.

Un silenzio profondo seguì le sue parole.

Susanna taceva rannicchiata tutta sulle ginocchia in uno sforzo di scomparire per sottrarsi al senso di vergogna venuto ad aggiungersi ni tormento della sua passione.

Dio, Dio, che aveva mai fatto?

Ecco, ella aveva offerto la sua vita a Noris e Noris la disprezzava, la respingeva, la rimandava a Kindler e se ne rimaneva col suo segreto che tutto il suo orgoglio e tutta la sua fierezza non erano valsi a custodire!

Come avrebbe potuto, ora, alzare gli occhi in viso a Noris?

Questa, questa la preoccupazione immediata.

L’offesa inflitta al suo amore le impediva di sentire intero e profondo lo spasimo della sua passione infelice.

Di vergogna dolorava adesso, di vergogna più che non d’amore.

Noris lo comprese e richiamò il sussidio di tutta la sua bontà per trovare una via che risparmiasse la poveretta. Gli parve d’aver trovato.

— Susanna! — chiamò con dolcezza.

Ella non rispose e non alzò il viso.

— Vorrei dirvi tante cose, Susanna, ma temo che la mia presenza vi sia inopportuna in questo momento. Comandatemi: volete che me ne vada e vi lasci sola?

Ella scattò come frustata dalla pietà che era in quell’offerta.

Subito fu in piedi col capo eretto, gli occhi asciutti e disse:

— Me ne vado io.