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in quel colloquio, alla dolcezza di non dover stare in guardia contro qualcuno o contro qualche cosa. Proprio l’impressione che Susanna subiva ora che quel viso avesse disarmato e lasciasse mostrare — calata la maschera — il vero aspetto dell’anima che rispecchiava.

Più acuto si fece nella fanciulla il convincimento che l’atteggiamento solito dell’aviatore nascondesse un mistero.

Davvero un mistero d’amore, come aveva detto nel pomeriggio di quello stesso giorno Elsa Marlitt? La sua semplice anima fu propensa a crederlo e attraverso a quel convincimento rivestì di un fascino nuovo l’aviatore.

Chissà che cosa diceva adesso, Noris a sua madre?

Fu tentata d’andarle vicino per godere lei pure la gioia di quel colloquio semplice che pareva interessare tanto sua madre e dal quale Noris sembrava trarre tanto riposo.

Ma non appena ella ebbe raggiunto sua madre, il viso di Ettore Noris riprese la sua maschera impenetrabile e rigida.

Un dolore acuto strinse il cuore di Susanna di fronte a quella prova evidente di ostilità.

Noris non le faceva l’onore di scoprire per lei, come aveva fatto per sua madre, un poco dell’anima sua. La considerava dunque indegna di leggere dentro la sua anima?

Un moto dell’antico orgoglio prese in lei il sopravvento anche sul dolore. Sopratutto, sopratutto bisognava che Noris non si avvedesse che dal suo contegno ella era stata ferita.

Disse con una ironia non celata:

— Mi duole di darvi una seccatura, ma c’è una signora che desidera conoscervi.

— Onoratissimo, — egli disse inchinandosi.

La buona signora Pearly domandò:

— Chi è?

— La contessa Strozzo, mamma.

— State in guardia, — fece la signora rivolta a Noris e sorridendo, — è molto pericolosa.

— Ma il signor Noris è coraggioso, — osser-