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ella comparve nel salotto di sua madre, gli invitati cominciavano ad arrivare e Max Kindler si spazientiva.

Egli le corse incontro quando la vide, le offerse il braccio, l’accompagnò attraverso le sale ricevendo accanto a lei i complimenti rivolti alla bellezza, di Susanna e gli auguri formulati per la felicità d’entrambi.

— Siete così bella, stasera, — le disse a un tratto, — che io mi sento avvilito.

— Perchè? — domandò lei.

— Perchè mi par d’essere il più presuntuoso fra gli uomini osando amarvi e volervi come vi amo e come vi voglio.

Quelle ingenue parole appassionate non commossero Susanna. Ella, cercava collo sguardo, intorno, se mai apparisse in qualche gruppo d’abiti neri l’alta figura di Ettore Noris.

Ma Ettore Noris non venne che più tardi, molto più tardi, quando la presentazione ufficiale del fidanzato di Susanna era già stata fatta dal padre di lei e nel gruppo delle signore si cominciava a disperare di rivedere l’aviatore.

Egli venne, entrò quasi inosservato e si fermò nel secondo salotto dove per un caso fortuito Ester Acerri, la biondissima che viveva di romanzi, riuscì a bloccarlo tenendolo sequestrato.

Susanna lo rivide poco dopo, quando ella pure cominciava ormai a disperare e sul suo viso la delusione aveva già steso un velo lieve di malinconia.

Lo rivide appunto mentre egli parlava coll’Acerri in un gruppo di signore che s’erano raccolte intorno a lei per avvicinare l’aviatore.

A sua volta, Susanna era accompagnata da un giovane avvocato molto mondano e molto aristocratico che credette di cattivarsi la simpatia della fanciulla osservando rivolto a Noris:

— Ecco un uomo che mi sembra più a posto sotto la tettoia d’un hangar che non in uno dei vostri salotti.

Fu stupito di udire la fanciulla rispondergli:

— Lo credo anch’io ed è un onore che noi rendiamo a Noris.