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offrire a Noria un calice di sciampagna che costui accettò e che sollevò brindando prima di portarlo alle labbra.
E che facevano adesso?
Lo chauffeur di casa Pearly aveva portato l’automobile dinanzi all’hangar, proprio accanto all’apparecchio, e Susanna vedeva adesso suo padre parlare a Noris con una insistenza cortese accennandogli la vettura.
Dove voleva portarlo?
Forse alla loro villa. E Noris si schermiva. La fanciulla lo vedeva fare col capo un cenno di diniego e accennare all’aereoplano.
Noris ricusava d’andare da loro.
Un senso di rammarico, dov’era anche una punta di vergogna, strinse il cuore di Susanna. Certamente era per lei che Noris ricusava di andare a villa Pearly. Egli aveva compreso la sua ostilità e non voleva esporvisi un’altra volta.
Pensava così con amarezza quando il suo sguardo, attraverso le lenti, incontrò lo sguardo di Max Kindler che la osservava beato. Evidentemente Kindler era felice di vedere la sua amatissima interessarsi tanto a quella festa che consacrava il suo trionfo.
À un tratto, Susanna ebbe un tuffo al cuore.
Kindler s’era rivolto a dire qualcosa a Pearly e a Noris, qualcosa riguardante lei, perchè suo padre dapprima e Noris poi, avevano levato lo sguardo nella direzione del palco e la salutavano, il padre con un gesto festoso, Noris con un inchino profondo.
E lo sguardo di Noris era su di lei. Un attimo. Subito ella depose il binoccolo e distolse lo sguardo perchè l’impressione le era insostenibile, ma poi socchiuse gli occhi per ritrovare dentro di sè la luce e l’espressione degli occhi di Noris così intensi e così lontani.
Ma che cosa poteva aver detto Kindler a Noris?
Certamente egli aveva fatto osservare all’aviatore come anche la signorina Pearly si interes-