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— Non era un duello fra noi, — sussurrò.

— È vero. Ma sono felice che vi siate ricreduta.

Intervenne la signora Pearly per domandare:

— Che ne dice mio marito?

— Il signor Pearly è entusiasta. La nostra casa ha ottenuto oggi una vittoria che tutte le concorrenti c’invidieranno.

— Oh, quegli affari! — esclamò Susanna.

Kindler sorrise.

— Cara, tutto si riduce a un affare.

Ella protestò:

— Non lo dite, per carità. Non lo dite in questo momento in cui voglio credere soltanto alla poesia d’una cosa bella.

— Avete ragione. Allora vi lascio e vado a dire a vostro padre che Noris ha conquistato anche voi.

Lo stesso brivido di prima fece trasalire Susanna. Ella accompagnò con uno sguardo quasi pietoso il fidanzato che scendeva la gradinata della tribuna per riattraversare il campo e rientrare nell’hangar.

Per la prima volta una vaga malinconia la sfiorò al pensiero che Kindler avrebbe rappresentato fra poco tutta la sua vita.

Distolse lo sguardo da lui, lo riportò verso Noris.

Dopo il difficile e bizzarro volo durato quasi mezz’ora, Noris scendeva adesso avvicinandosi al campo, in lente, ampie volute regolari. A un certo punto egli passò anche al disopra delle tribune vicino così da sfiorarle quasi.

Un grido di spavento echeggiò nel palco, ma Susanna non trasalì.

Ella aveva sollevato lo sguardo e per un attimo il viso di Ettore Noris le era apparso pallido e chiuso, con un’espressione di energia quasi violenta nella bocca chiusa sotto i baffi neri e brevi, negli occhi intenti sulla macchina, nel solco verticale della fronte tra le sopracciglia corrusche.

Più che mai la sua maschera appariva quella del dominatore.