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— Parte! parte!

Era vero.

Ritto presso la sua macchina, tutto chiuso in uno stretto scafandro nero che allungava la sua figura e dava un’intensità anche più cupa alla sua espressione d’austerità, Ettore Noris impartiva le ultime disposizioni ai meccanici.

Adesso, dal palco di Pearly, lo si vedeva benissimo.

— Com’è sempre serio, — osservò una delle fanciulle che apparteneva al gruppo delle entusiaste.

Nadina disse con importanza:

— Ma vedessi che aria buona ha quando ride!

Susanna si rivolse a guardarla con una occhiata di rimprovero.

Ma già due o tre voci domandavano:

— Tu lo hai veduto ridere?

— Sicuro, con me. Non lo sapete che è stato a casa nostra?

Le domande, allora, furono per Susanna.

— Racconta. Che tipo è?

— Educato?

— Interessante?

— Distinto?

— Non so, — disse breve Susanna, — con me non ha parlato.

— È una persona molto corretta, — intervenne a dire la grossa signora Pearly dal fondo della bergère dove s’era sprofondata. — Mio marito m’ha detto che ha una coltura non comune.

— Sì, — confermò Elsa Marlitt, — ha fatto due anni di Politecnico con mio fratello.

— Saranno amici, — disse Susanna.

— Lo sono.

— Ah!

— Maurizio conosce anche tutta la sua storia.

— Ah!, c’è una storia?

— Pare.

— D’amore? — interrogò la biondissima signora Acerra che viveva di romanzi fantasticati, letti e cercati.