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riunione e il fatto immediato erano i voli di Ettore Noris.

Per vedere Noris volare e non già per conoscere i risultati del rendimento del motore Kindler-Pearly erano convenute all’aereodromo, accettando l’invito del padre di Susanna, tutte le amiche e conoscenti di costei, vale a dire tutta l’aristocrazia femminile di Brescia col triplice fascino della bellezza, della eleganza, dello sfarzo, creando intorno all’aereodromo, nell’unico ordine di tribune espressamente costrutto nel recinto chiuso, una ghirlanda viva di magnifici fiori umani.

Oltre il recinto, sul campo aperto, si assiepava la folla quasi tutta maschile, enorme, appassionata, una seconda ghirlanda nera più spessa assai della prima e immobile, severa, rispettosa.

Nel recinto lungo le tribune, era un brusio vivace di voci cinguettanti contenute, di esclamazioni sommesse, di risatine soffocate terminate in una piccola smorfia di falso sgomento... Più intenso era il brusio nel vasto palco che l’ingegnere Pearly aveva riservato per la sua famiglia, ch’egli, con molto buon gusto, aveva disertato poi per recarsi nell’hangar insieme al suo futuro genero, e dove erano convenute invece, intorno alla signora Pearly, a Susanna e a Nadina le più intime amiche della signora e delle signorine.

Tre gruppi, nel palco: le entusiaste dell’aereoplano, capitanate da Nadina, la quale nascondeva gelosamente nel suo piccolo cuore d’essere entusiasta anche dell’aviatore; le miscredenti dell’aviazione — per terrore, per sfiducia, per misoneismo — indifferentissime per l’aviatore, con alla testa la signora Pearly madre; e infine le entusiaste di Ettore Noris, signorine tutte nell’età romantica e giovanissime signore sentimentali o fantastiche o civettuole.

Susanna non apparteneva a nessuno dei tre gruppi.

A chi le aveva chiesto la sua impressione, ella aveva risposto con una frase banalissima: