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— Se lo si pensa, sì.

— Io lo penso, Susanna.

— Le bambine della tua età non dovrebbero avere opinioni in proposito.

— Ma io ho gli occhi, Susanna. E vedo. E Noris mi piace.

— Mi farai il piacere di non esporre a nessuno queste tue sconvenientissime idee.

— Ti ubbidirò, Susanna, ma a te posso dirlo, nevvero? Vedi, se dovessi prendere marito, io vorrei un uomo come Ettore Noris.

— Tu sei una scema, — sentenziò la sorella.

Ed entrò in casa lasciando la piccola sola.


II.


Due giorni dopo, nell’aereodromo improvvisato in una delle immense praterie che l’ingegnere Pearly possedeva fuori di Brescia, poco lontano dalla sua villa e dalla sua officina, Susanna rivide Noris.

Ostinandosi nella sua avversione colla pertinacia d’una bimba, ella aveva tentato di esimersi dall’assistere alle prove del nuovo motore Kindler-Pearly del cui risultato inventore e proprietario erano ormai più che sicuri e che perciò entrambi intendevano circondare d’una solennità imponente; ma il suo tentativo di astensione era stato accolto da suo padre con tanta sorpresa e da Max Kindler con tanto rammarico che ella aveva dovuto rinunziare a insistervi.

— Io ho lavorato pensando a voi, Susanna, — le aveva detto il fidanzato, — e voi vorreste infliggermi questa offesa di non assistere al mio trionfo?

Era vero: quello doveva essere il trionfo di Max, ma Susanna se lo era scordato. Non vedeva che il fatto immediato nello scopo della