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Un’altra volta Nadina sorrise guardando Noris e arrossì.
Fu quello il suo ringraziamento.
Noris prese la mano che la piccola gli porgeva, s’inchinò senza una parola a Susanna e uscì.
— Un’altra volta, — fece Susanna rivolta alla sorellina, — quando ti accadesse di lasciar cadere i fiori, mi farai il piacere di chiamare un domestico ad aiutarti.
— È stato lui che ha voluto, sai!
— Ma tu non dovevi volere. Non si accettano favori da una persona che non si sa nemmeno chi sia.
— Sì che lo so chi è, — fece Nadina trionfante.
— E se lo sai, tanto meglio, cioè, tanto peggio.
Nella ingenuità dei suoi tredici anni la bambina osservò:
— Perchè tanto peggio?
— Perchè è una sconvenienza.
Stavolta, Nadina non replicò più. La parola pronunziata dalla sorella aveva un significato oscuro, ma il tono con cui era stata detta sapeva di burrasca.
In perfetta buona fede la fanciulletta credette che la sconvenienza consistesse tutta nel fatto d’aver accettato che un così illustre aviatore si disturbasse per lei.
— Hai visto com’è gentile? — disse, — e come è bello!
— Bello? — fece Susanna scandolezzata, — Ma come parli tu, oggi, baby?
— O Dio, sta a vedere che non potrò nemmeno più vedere se un uomo è bello o brutto.
— Un aviatore non è un uomo, — fece breve Susanna.
I grandi occhi limpidi la fissarono attoniti.
— Tu dici? e che cos’è allora?
— È un aviatore.
— Allora dirò che Noris è una simpaticissima persona. Si può dire questo?