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visa di gioia si accese nelle pupille della fanciulla levate interrogatrici verso il viso di Ettore Noris con tanta adorazione, con tanta implorazione dentro che egli ne ebbe come un senso di vertigine. Aspra e violenta come l’impressione subita fu la reazione. E Minerva non vide che questa, non avvertì che questa tradotta nel modo freddo e quasi villano con cui Noris le rivolse e l’invito di prendere il suo posto e le ultime raccomandazioni.

Ella avvertì appena le sue parole: meccanicamente vi ubbidì, prese posto sul sedile posteriore dell’apparecchio e vi rimase assorta, stordita come da una mazzata dall’incomprensibile contegno di Noris, avvilita, disfatta, con una voglia acuta di piangere che tutto il suo orgoglio e tutta la sua volontà bastarono appena a dominare.

Forse, il giovane avvertì quella prostrazione perchè nell’atto di salire a sua volta sull’apparecchio porse la mano alla fanciulla e disse con dolcezza:

— Buon viaggio a noi!

Prima che Minerva si fosse riavuta dalla sorpresa, Noris era già al suo posto e le volgeva le spalle e il motore levava la sua voce fragorosa nel silenzio dello spazio pieno di sole e d’azzurro.

Ma erano bastati quel gesto e quella frase per commuovere in un altro senso tutta la sua sensibilità acutizzata sino alla morbosità dall’amore e dallo spasimo. Ancora avrebbe voluto piangere, adesso, mentre l’aereoplano saliva in larghe volate verso l’azzurro, ma non più d’avvilimento.

Di tenerezza e di disperazione avrebbe voluto piangere, adesso, per l’impeto che la sollevava verso Noris, per l’amore che indovinava in lui e per l’inutilità di quell’amore del quale era più forte la fedeltà sterile d’un ricordo vano. Perchè? perchè?

L’ebbrezza del volo esaltava la sua passione esasperata. Perchè avrebbe dovuto toccare alla morta la vittoria in quel duello fra l’amore e