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Ma erano pazzi!
Perchè, poi, quella insistenza ad attribuirgli un amore per la Fabbri mentre avevano avute tante prove della sua refrattarietà a qualsiasi suggestione sentimentale, tante prove da creargli intorno una leggenda? e perchè supporre vittima di una stessa suggestione proprio quella fanciulla sola che fra tante che gli erano passate accanto non aveva mai subito della sua vicinanza alcuna specie di fascino?
Cercava ancora una risposta a quella doppia domanda quando la porta dell’officina si riaperse a un tratto e Minerva entrò, cinta per un attimo di un’aureola, di sole che subito ella spense richiudendo dietro di sè.
La sua inattesa comparsa provocò in Noris un’impressione fugace di sorpresa che ella colse.
Disse sorridendo:
— Vi faccio paura?
— Vi pare? non vi aspettavo.
— E forse vi disturbo.
— Non disturbate mai, lo sapete.
— Grazie. Ho visto Ugo. È raggiante.
— Sì: non sperava che lo portassi. Oggi è l’uomo più felice della terra.
— Io lo comprendo. Sapete — soggiunse — che avevo intenzione di chiedervi che prendeste me per compagna di viaggio?
— Ah!
Nessun commento fece Noris, nessuna profferta e la cosa parve così strana a Minerva che ella osservò guardando fisso il giovane, intuendo vagamente in lui una inusitata e inesplicabile disposizione di ostilità.
— Ho fatto bene a giungere in ritardo a quanto pare. Voi mi avreste ricusato, vero?
Risolse di essere schietto Ettore Noris.
— Ecco, — egli disse, — non so quello che vi avrei detto, ma sono contento che giungiate in ritardo.
Un senso di gelo si fece nella fanciulla. Ella dovette raccogliere tutta la sua forza di dissimulazione per osservare con un sorriso: