Pagina:Steno - La Veste d'Amianto.djvu/285


— 279 —

trovare la sua pace; andare, invece, semplicemente all’aereodromo e parlare a Noris e dirgli tutto, con passione adoratrice, con sdegno violento, con abbandono semplice, con spasimo disperato: affrontarlo, insomma, e affrontare insieme il suo destino.

Non risolveva nulla: tutti gli impeti e le rivolte cadevano prima che ella tornasse all’aereodromo e come lo scatto era succeduto a un più o meno lungo periodo di rassegnata malinconia, un altro periodo di calma gli succedeva durante il quale ella trovava sufficiente per il suo amore di poter vivere accanto a Noris, in una intimità quasi fraterna, in una ininterrotta vicinanza, in una solitudine che rendeva impossibile anche qualsiasi tormento di gelosia.

In fondo a tutte le sue contraddizioni e oltre tutte le sue crisi, una realtà sussisteva, questa, che ella si abbandonava alla dolcezza triste del sentimento che la diminuiva tutta e che in quell’abbandono del suo amore ingigantiva, diventava passione di fantasia, dedizione di cuore, desiderio di sensi, fiamma complessa e intensa che avvolgeva tutto il suo essere.

Aveva subìto il fascino della forza di Noris, della sua audacia senza pari, della sua solitudine spirituale: ma adesso amava anche la bellezza di Noris, subiva il fascino della sua giovinezza anche attraverso la sua figura snella, i suoi occhi luminosi, la sua bocca tumida e ardente sotto l’ombra nera dei baffi, il suo camminare elastico, il suo gestire elegante e sobrio. Un tempo il desiderio unico era stato quello di regnare nel suo pensiero e nel suo cuore, di dominare tutta la sua vita come la cosa più alta e più cara: oggi, il desiderio le faceva sognare anche le sue mani bianche e salde intorno alle sue tempia per una carezza che fosse anche segno di dominio, che arrovesciasse lento il suo capo e mettesse sul suo viso l’ombra del caro viso chino a suggellare la sua bocca.

Queste immagini che facevano tremare la sua anima e accelerare le pulsazioni del suo cuo-