Pagina:Steno - La Veste d'Amianto.djvu/272


— 266 —

simo che voi non avete nessuna colpa nella passione infelice di Cino Coralli e nella gelosia improvvisa e furibonda della moglie di Lorenzo Rolla, per esempio.

Stavolta, la fanciulla si volse a fissare Noris col suo sguardo più corrusco.

— La moglie di Lorenzo Rolla può fare a suo marito l’onore di essere gelosa di lui, ma non dovrebbe fare a me l’insulto di suppormi tanto buona da giustificare le sue gelosie, — disse con una voce sibilante d’orgoglio.

Noris sorrise.

— È quello che le ho detto, — dichiarò calmo.

— Voi? era venuta da voi quella disgraziata?

— Sì.

— Ma perchè? che centrate voi colla mia condotto e colla mia vita? che cosa potreste fare, voi, se a me saltasse l’idea di lasciarmi amare da un Lorenzo Rolla qualsiasi? che cosa suppone la gente? che cosa?

— Calmatevi, amica mia, e badate alla macchina prima di tutto, — disse tranquillo Ettore Noris. — Non vedo proprio perchè dobbiate esasperarvi così. Forse — soggiunse — sarebbe meglio che mi lasciaste prendere il vostro posto. Siete troppo nervosa, oggi, per condurre un’automobile.

— Avete paura?

— Paura no. Ma non vedo quale gusto prendereste a provocare un incidente qualsiasi. Volete passare di qua?

— No.

— Come volete.

Noris tacque: si appoggiò allo schienale del sedile e rimase immobile studiando con curiosità, attraverso le palpebre socchiuse, il profilo di Minerva Fabbri come se lo vedesse per la prima volta.

Aveva ragione Giorgio Dauro che a New-York non aveva fatto altro che decantare la bellezza altera della fanciulla: era bella davvero Minerva Fabbri, ed era un tipo. Il velo bianco che le avvolgeva il capo portato alto con un’aria di