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busto della fanciulla che si ritrasse con un moto di ripugnanza vivissima.
— Che fate, Adelio? Impazzite?
Subito, il braccio del giovane la lasciò.
— Vedete, — egli disse senza risentimento, il bacio di stasera, in faccia a sei persone non contava. Questo conterebbe. E questo me lo rifiutate.
Ella tacque. Si raggomitolò in fondo all’auto e levando il viso verso il cielo, esclamò:
— Che belle stelle!
V.
— Se vi fidate, vi porto con me, — disse Minerva Fabbri rivolta a Ettore Noris che si difendeva dalle sollecitazioni degli amici che volevano trattenerlo ancora a Genova per completare con una serata lieta i festeggiamenti solenni di quella giornata.
La voce chiara e limpida di quella fanciulla si levò alta sulla voce di Folco Ardenza che proponeva:
— Si va a pranzare al Lido? — su quella di Paolo Adelio che diceva all’amico:
— Fermati qui stanotte. Si va su insieme domattina — su quella, ancora, di un neofita dell’aviazione — un giovanetto sottile e pallido con due occhi di malinconia in un visetto macerato d’ardore — che supplicava:
— Rimanete, Noris, accontentateci!
Ma la voce del giovinetto fu la prima a tacere quando Minerva Fabbri ebbe fatto la sua proposta e i grandi occhi — cupi di fiamma contenuta e di dolore — si fissarono nel volto altero e bello della fanciulla che adesso aspettava, già pronta al suo posto, colle mani inguantate appoggiate sul volante della macchina, la risposta di Noris.