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ziosa, più buona, più indulgente, più spesso assorta.

Abituato alla sua alterezza, espressa sovente in parole aspre e sprezzanti, Cino Coralli interpretava quella sua inusitata indulgenza e bontà come una maggiore disposizione ad accogliere l’offerta d’amore e raddoppiava, le espressioni e le dimostrazioni della sua passione con un fervore del quale Minerva si accorgeva appena.

Non si illudeva invece Paolo Adelio, meno innamorato e più esperto conoscitore di anime.

— Voi siete più buona che mai e più che mai lontana, — egli le diceva scrutandola con curiosità inusitata.

Ma ella sorrideva e taceva.

Ancora egli le diceva:

— Ci tenete sempre molto alla vostra fama d’invulnerabilità?

— Alla fama mediocremente; moltissimo, invece, alla invulnerabilità, — rispondeva Minerva.

— In questo caso, state in guardia, cara amica.

— Si può sapere perchè, signor amico psicologo?

— Ma per questo, che voi attraversate una crisi pericolosa.

— Non me ne accorgo.

— Sì. Siete, direi, in uno stato di morbosità sentimentale. Un uomo che avesse una certa presa sul vostro spirito avrebbe ragione di tutte le vostre resistenze in questo momento.

— A questo punto? — diceva Minerva sorridendo d’un melanconico sorriso, — in questo caso, perchè non vi fate innanzi voi?

— Magari! ma non sono così fatuo da illudermi. Non ho il sereno ottimismo di Coralli, io. E forse non ho nemmeno la sua sincerità di passione. Mi piacete moltissimo, questo si sa, ma sto in guardia.

— Calcolatore!

— Sì, cara, quando si tratta di creature pericolose come voi.