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riore della sua logica che le rimproverava come una viltà la rinunzia al viaggio che doveva guarirla, rispose ripromettendosi di fuggire da Cassano prima che Ettore Noris vi facesse ritorno.
L’amore cominciava ad oscurare la limpidissima visione che la fanciulla aveva avuto sempre dei propri moti interiori. Per amore di pace, per bisogno di pace ella diceva a sè stessa di essersi rifugiata a Cassano e non giungeva più a comprendere che vi si era nascosta soltanto per vivere nell’ambiente del diletto lontano, per illudersi d’averlo più dappresso, per sentirsi più vicina a lui.
Andò all’aereodromo la mattina dopo il suo arrivo a Cassano e vi trovò Tripoletta occupata a leggere nei giornali le notizie che riguardavano Noris.
La fanciulla l’accolse festosamente; anche Tripoletta che per la prima volta dalla partenza di Minerva era felice di non doverla pensare più accanto a Noris. Le festose accoglienze di Tripoletta si limitarono però a un sorriso muto e alle manifestazioni di un interessamento intento quando Minerva cominciò a narrare di Noris, e a una domanda:
— Quando tornerà il «Sidi»?
— Non so, cara; non certo per ora. Quando è partito Giorgio Dauro?
— Dieci giorni fa.
— Allora, a quest’ora deve essere laggiù. Suppongo che impieghino una settimana per trattare i loro affari, fra una ventina di giorni possono essere qui tutti.
Gli occhi di Tripoletta brillarono di gioia.
Nella commozione e nella tenerezza di Minerva Fabbri entrava adesso un sottil senso di compassione che sarebbe stato dispregio ove la pietà non lo avesse contemperato.
Sì, era degna di commozione quella piccola, ma come era lontana dal rappresentare l’ideale della donna degna di Noris! La piccola schiava adorante e ingenua avrebbe potuto essere, quella, per l’aviatore, null’altro, null’altro!