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troppo soggettiva per avere un valore generale. Sarebbe errato che voi giudicaste tutte le impressioni e gli uomini sul vostro temperamento.

— Voi mi ritenete dunque così diverso dagli altri?

— Assolutamente. Voi siete una eccezione fra gli uomini come io sono una eccezione fra le donne.

Noris sorrise.

— Forse, — egli disse. — Ma il diritto alla eccezionalità vi spetta più che non a me. Io sono una eccezione casuale, per così dire; determinata, cioè, dagli eventi, non risultante da un temperamento. Se la mia vita fosse stata diversa, io sarei forse un uomo come tutti gli altri. Vi è entrato un evento che l’ha sconvolta per sempre e tutta la direttiva della mia esistenza ne è stata mutata.

— Ma non lo sarebbe stata se voi foste un uomo come gli altri.

— Che volete dire?

— Che l’oblio avrebbe trionfato del vostro dolore e che voi vi sareste riattaccato alla vita come tutti fanno.

Invece di rispondere direttamente all’osservazione dell’amica, Ettore Noris domandò:

— Voi sapete dunque?

— Sì.

— Da quando?

— Da prima di conoscervi persino.

— Ma forse — disse Noris — non sapete tutto.

Tacque un istante mentre Minerva Fabbri aspettava ansiosa le parole che egli stava, per pronunziare, poi prosegui:

— Se quella morte fosse avvenuta in circostanze normali, anch’io avrei forse finito col consolarmi, come tutti fanno. Non è ingiusto, è solamente umano che il tempo trionfi del dolore. Ma di quella morte io sono stato la causa indiretta ed era appena giusto che tutto il mio cuore fosse serbato al povero piccolo cuore che s’e-

STENO. La veste d'amianto. 16