Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 18 — |
sugli scanni, sulle gradinate delle tribune, sullo steccato per meglio seguire e più lontano le vicende del volo.
Anche Eva si provò.
Si sentiva soffocare ma voleva vedere ancora, voleva vedere....
A stento riuscì a salire sulla propria sedia, e inutilmente.
Un gruppo d’uomini era salito sulla balaustrata della tribuna vicina e le impediva di vedere non solo verso il mare lontano ma nemmeno nel raggio dell’orizzonte più prossimo.
Nulla, non vedeva più nulla.
Intuiva quello che accadeva soltanto dalle parole e dai commenti dei vicini.
E i commenti costituivano un’agonia.
— Ahi! ha incontrato una corrente!
— Ha il vento di fianco!
— Lo vince.
— Non lo vince. Non riesce a girare.
— Ahi! oscilla....
— Sul più su! perchè si ostina a voler girare in quel punto?
— Va! va!
— Cade!
— È caduto!
Un urlo nel pubblico e un’esclamazione disperata più alta dell’urlo, deprecante al destino:
— No! no!
Tutti gli occhi furono d’un tratto fissi nel punto d’onde il grido era partite. Videro due esili braccia candide e nude alzate convulse.... Un attimo, poi più nulla. Le braccia erano ricadute lungo il sottil corpo accasciato che stramazzava sulla gradinata della tribuna, la voce disperata taceva, per sempre, e per sempre era muto anche il piccolo cuore spezzato.
Nessuno pensò o credette la realtà terribile: il pubblico delle tribune s’accorse, con ribrezzo, della morte, solo quando vide un fiotto di sangue sgorgare dalle labbra violacee della caduta e scendere come un rivo di porpora lungo il suo vestito bianco.