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— Io so quello che tutti dicono.
— Tutti chi?
— Gli amici vostri e nostri.
— Anche Noris?
— Noris non parla mai di queste cose, ma so che vi stima al disopra di tutte le altre donne.
Un po’ amara, Minerva osservò:
— Credo che egli ci stimi un po’ tutto allo stesso modo. Non si accorge di noi.
Ugo la guardò, sorpreso che la orgogliosissima si mettesse con tutte le altre.
— Bisogna distinguere, — egli disse. — Noris vi mette a parte di tutte le altre donne nel suo concetto, ma forse appunto perchè voi siete così dissimile da tutte le altre! Non so, non sembrate una donna. Siete così forte e così fredda. Anche io, che pure sono così diverso da Noris, ho imparato a considerarvi solamente come un collega.
Minerva Fabbri ritrovò il suo orgoglio per rispondere:
— Voi mi considerate soltanto quello che io vi permetto di considerarmi.
Subito confuso da quel tono e da quelle parole, Ugo domandò umile:
— Vi ho offesa?
Ma la fanciulla si era già pentita del suo scatto. Gli stese la mano e gli sorrise.
— Scendete a tener compagnia alla vostra bella milionaria, — disse. — e quando Noris sarà tornato avvertitemi, vi prego. A proposito, — soggiunse, — dove riceverà la signora, il nostro illustre amico?
— Ma laggiù dove si trova adesso, suppongo.
— Nella sala di lettura?
— Già.
— E se vi fosse gente?
— Allora, probabilmente, nel giardino d’inverno.
— Non credete che la farà piuttosto salire nel suo salotto particolare?
— Sicuramente no. Anche le altre le ha ricevute laggiù.