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— Quanto tempo è passato! — si disse, felice.
Non se ne era avveduto. Già da quasi otto ore durava il suo viaggio ed egli non avvertiva il più lieve senso di stanchezza. Adesso, non dubitava più della vittoria.
Poichè la bussola segnava che l’aereoplano proseguiva direttissima la sua rotta, la terza parte del percorso era ormai compiuta. Dopo pochi minuti, i suoi sguardi che si erano rivolti a seguire la nave, non la distinsero più. Il velivolo fuggiva velocissimo e un’altra volta, ormai, tornava nella solitudine più profonda.
Verso l’alba, quando le stelle cominciarono a impallidire e qualcuna a spegnersi nel primissimo chiarore appena sensibile, Noris avvertì insieme il primo brivido di freddo e un vago senso di stanchezza. L’aria s’era fatta più fredda e la immobilità forzata anchilosava le ginocchia del giovane. Contro il freddo, egli reagì bevendo per la prima volta un sorso di un cordiale di latte, ova e cognac che doveva costituire il suo solo nutrimento per la durata del viaggio. La bottiglia, collocata a portata della sua mano, era, di quelle che hanno la proprietà di mantenere caldi i liquidi, cosicchè egli trasse un beneficio sensibile da quel leggero ristoro. Subito dopo, la necessità di attendere più energicamente alla manovra dell’apparecchio, gli fece dimenticare anche il freddo e la stanchezza. Il vento s’era levato da tramontana e investiva il velivolo di fianco infliggendogli delle scosse che lo facevano sussultare violentemente.
Intento alla manovra, Noris spiava ogni trasalto brusco della sua macchina per rimediarvi con miracoli di ristabilito equilibrio: non dubitava della resistenza dell’apparecchio preparato per la difesa, armato in modo specialissimo per ogni genere d’aggressione, ma temeva di sè, adesso. Il senso di stanchezza lieve avvertito un istante prima lo preoccupava: se per un attimo solo egli avesse perduto il controllo di tutta la macchina, sarebbe stata finita.
Un istante, ebbe anche la tentazione di deviare