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ris: poi, mentre rapidamente l’ardore del cielo e del mare andavano spegnendosi in una luminosità violacea preannunziante la sera vicina, l’esaltazione subitanea del suo spirito cadde per far posto a una commozione piena di dolce malinconia.

Ecco, il giorno si spegneva e la notte calava rapida. Gli parve che, colle tenebre, più assoluta dovesse farsi la sua solitudine; poi, sorrise di questa impressione assurda e si chinò a guardare l’orologio. Erano le otto.

A quell’ora, alle sue spalle, spuntava già, sul ciclo d’oriente, la prima stella. Egli ne sentì nelle pupille e nell’anima il bagliore tremulo come la voce d’un piccolo cuore palpitante.

Da tre ore durava il suo viaggio ed egli non ne era che all’inizio. Pensò che la traversata del Cervino — la sua maggiore impresa — non era durata tanto. Ma quale differenza tra quel viaggio e questo! Qui non c’era preoccupazione ai possibili ostacoli: tutto lo spazio gli era amico: gli dava non solo la via ma ancora l’energia per percorrerla. E non c’era la necessità di salire oltre le nubi per superare la vetta immane del gigante e il vento non tendeva l’insidia dei suoi vortici allo sbocco delle gole tenebrose urlanti l’eterna minaccia colla voce dei torrenti scroscianti in fondo alle loro pareti granitiche ripide e inviolabili.

Tutte le impressioni di quel viaggio lontano, datante da un anno ormai, gli ritornarono vive vive.

Si sentì, come allora, perduto nella nebbia, ne provò l’angoscia e il disagio fisico, l’ansia di uscirne e lo sforzo per raggiungere la liberazione. E anche la gioia della liberazione, sentì, e riudì la voce della folla acclamante e gli parve, un’altra volta, di smarrire il controllo delle proprie forze, come allora....

Il ricordo continuò, rievocò il villaggio di Evolena, il profilo gentile della piccola nipote del parroco, il turbamento intravveduto attraverso la sua ingenua ammirazione, il distacco da quella