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desta energia si attenui col crescere della distanza. Non dovete dimenticare che nel caso nostro si trattava di mantenere quasi intatta l’energia iniziale attraverso una distanza di oltre cinquemilacinquecento chilometri....

— E allora?

— E allora abbiamo pensato di utilizzare l’energia elettrica distribuita nell’atmosfera.

Minerva Fabbri aggrottava la fronte nello sforzo vano di riuscire a comprendere.

— Spiegatevi, — pregò.

— Ecco: la terra è un conduttore ad un potenziale elettrico presso che costante nei suoi punti. Questo potenziale si assume di valere zero nella scala delle misure. Così, è convenuto di chiamare temperatura zero, quella del ghiaccio, nel momento che fonde.

— Benissimo.

— Intorno alla terra, gli strati d’aria concentrici formano tante superfici sferiche equipotenziali ma di potenziali differenti e crescenti in proporzione della loro distanza dalla terra. Consideriamo caricato positivamente il primo strato rispetto al secondo. Un aereoplano che si trovasse all’altezza del primo strato e che disponesse di un conduttore semplicemente sospeso uguale alla distanza fra il primo e il secondo strato, potrebbe utilizzare la corrente elettrica che verrebbe a stabilirsi fra i due strati equipotenziali. Mi comprendete?

— Fin qui, sì: ma non vedo ancora come abbiate potuto realizzare tutto questo nella pratica.

Dauro sorrise.

— Il nostro sforzo è appunto stato diretto a trovare l’applicazione possibile del fatto.

— E ci siete riusciti?

— L’esperimento lo dirà: io ritengo di sì.

Minerva Fabbri rifletteva.

— È prodigioso, — mormorò a un tratto.

Soggiunse con vivo interesse:

— E come fate a portare l’apparecchio fino all’altezza dello strato dove potrà utilizzare l’energia elettrica dell’atmosfera?