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Minerva Fabbri procedeva serena pel suo cammino guidata dal suo sereno equilibrio e dalla sua grande audacia.

Adesso che il suo capriccio di diventare aviatrice era diventato realtà, ella elevava quel capriccio all’altezza di un sogno e si proponeva di compiere, nel campo dove Ettore Noris trionfava su tutti, cose non indegne del tutto di lui.

Progetti ancora vaghi.

Per il momento era il tentativo ancora in parte misterioso di Ettore Noris che la tentava.

Sapeva, come tutti sapevano, che Noris si accingeva a volare dalle coste inglesi a quelle nordamericane, che dopo aver vinto il Cervino, il grande trionfatore delle Alpi si accingeva a vincere l’Oceano e che a questo scopo egli lavorava da mesi con l’ingegner Dauro, suo collaboratore ed amico, a un apparecchio nuovo che sarebbe stato azionato da un motore nuovo mosso a sua volta, da una energia non applicata mai ad apparecchi d’aviazione.

Ma non sapeva nulla di più e il desiderio di conoscere prima di chiunque altri il segreto del suo maestro ed amico, la teneva da giorni avvinta a Cassano con una costanza che formava la delizia di Giorgio Dauro e la disperazione di Tripoletta.

Le serviva poco, quella costanza, per sapere. Giorgio Dauro non avrebbe esitato a confidare alla bellissima il segreto suo e dell’amico se lo avesse sollecitato in proposito colle arti della sua seduzione irresistibile, e Minerva Fabbri lo intuiva. Ma ella sdegnava di ricorrere a quel mezzo per carpire un segreto del quale Noris era geloso e — ella riconosceva — legittimamente.

No, non avrebbe indagato contro la volontà di Noris. Quando fosse piaciuto a lui d’informarla, ella avrebbe accolto la confidenza con rispetto e con gioia.

Adesso, però, un fatto nuovo veniva a sollecitare i suoi entusiasmi: Noris avrebbe potuto — ove avesse voluto — prenderla con sè nel viaggio magnifico, e non voleva! Bisognava vincere