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di Noris por lei. E a questo proposito, Tripoletta aveva tanto temuto e tanto sofferto!

Soltanto da qualche giorno era finito il suo tormento: solo da quando, tornato definitivamente Ettore, anche la sua allieva era ricomparsa e Tripoletta Taveva udita raccontare — non veduta — a Noris, una serie di episodi del suo viaggio.

Ma per tanti lunghissimi giorni, e per tante tormentosissime notti, sì, Tripoletta aveva pensato alla coincidenza di quella doppia assenza con un’angoscia indicibile. Le pareva, è vero, di fare un insulto al «Sidi» sospettandolo, ma la sua avversione per Minerva Fabbri era così profonda e invincibile che nella sua semplice fantasia superstiziosa diventava presentimento.

In realtà, Minerva Fabbri aveva sempre, dentro e fuori, le stesse disposizioni e lo stesso contegno verso Ettore Noris.

Lo aveva pensato, lontana, con simpatia; lo aveva ritrovato con gioia tornando e adesso era felice che l’aereodromo di Cassano fosse ripopolato come prima e le permettesse di trascorrervi le serene ore di prima.

Non si trattava più oramai di imparare a volare. Il suo tirocinio era finito ed ella aveva già subito gli esami regolamentari in faccia alla commissione esaminatrice riportando a pieni voti il suo diploma di pilota aviatrice. Ora, a Cassano, ella veniva come amica e come collega di Noris. Aveva le sue entrate libere all’aereodromo come le avevano Lorenzo Rolla e Cino Coralli e Ardenza. E vi contava un amico di più da quando era giunto l’ingegnere Giorgio Dauro.

La sua altera bellezza, e l’originalità del suo carattere, avevano subito fatto una grande impressione sul giovane ingegnere. Non lui era rimasto insensibile al fascino della strana fanciulla come lo era stato Noris e se doveva constatare che la sua ammirazione, al pari di quella di tutti gli altri, rimaneva senza risultato, lo faceva con rammarico.

STENO. La veste d'amianto