Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 161 — |
nel salottino dove l’ammalata, soleva stare quasi tutto il giorno, sentì dirsi:
— Senti, Nadina, vorrei parlare al signor Noris di Max. Ho un incarico da dargli per lui. Vuoi lasciarci soli, cara?
— Sicuro, — s’affrettò a rispondere Nadina.
E in perfetta, buona fede, rivolta a Noris, soggiunse:
— Vedete che voi siete giunto a proposito come la Provvidenza. E avevate paura di disturbare! Sai, — disse ancora, alla sorella, — sono io che l’ho veduto scendere dal treno e che te l’ho portato!
Approfittò per annunziare con intonazione malinconica:
— Quell’antipatico professore non è venuto. Era occupato per un consulto. Ma verrà a momenti in automobile.
— Non importa, Nadina, grazie.
— Invece del professore ti abbiamo portato Noris. Sei contenta ugualmente, nevvero?
— Sì, cara. Ora vattene. E porta via anche miss Betty.
Miss Betty, prima d’allontanarsi, susurrò piano a Noris:
— Mi raccomando, signore, non la lasci parlare troppo.
Il giovane la rassicurò con un cenno del capo.
— Qui, sedete qui, — pregò Susanna prima ancora che le due donne fossero uscite, accennando a Noris una poltroncina presso la sua sedia da ammalata.
Ma l’uscio s’era appena richiuso alle spalle di Nadina e di miss Betty che Noris fu in ginocchio, abbandonato finalmente al suo strazio e al suo rimorso, annichilito nell’atteggiamento che solo armonizzava colla prostrazione della sua anima.
— Noris, che fate? — susurrò Susanna risollevandosi con uno sgomento improvviso, tanto inatteso era quell’atto e quello spettacolo. — Noris! — tornò a dire supplice poichè il gio-