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— Quando lei l’avrà veduta, caro signore, capirà che ogni illusione ormai sarebbe vana.

— Ma i medici, che dicono?

— Si stringono nelle spalle.

— E come chiamano il male?

— Languore!

— Via: di languore non si muore a vent’anni quando si hanno tutti i mezzi per curarsi larghissimamente.

— Eppure, signor Noris, Susanna ne muore. Lei penserà che i medici ci ingannano pietosamente e che forse quello che essi chiamano languore è invece una consunzione di tubercolosi. Non credo, ed essi lo escludono, tanto che non ritengono necessario di usare i soliti riguardi per preservare Nadina. Susanna non ha un colpo di tosse, non ha avuto mai febbre sino a pochi giorni fa: soltanto, consuma a poco a poco come l’olio di una lampada. Un giorno, noi ci sveglieremo e troveremo la lampada vuota. L’anima sua sarà volata via.

Si udì un singhiozzo nella vettura chiusa dove l’ombra precedeva il crepuscolo.

Quelle parole della madre avevano risvegliato il dolore di Nadina che adesso si scioglieva in lagrime come se la materna visione lugubre si fosse già verificata.

Noris taceva, vinto da una malinconia profonda che gli dava la sensazione di essere separato dal mondo dei vivi, di camminare sul limitare del regno delle ombre. Tu distolto dalle sue impressioni dalla voce della signora Pearly che interpretando male il suo silenzio gli diceva:

— Perdonate, signor Noris, io abuso della vostra amicizia, ma voi dovete scusare il mio povero cuore di madre.

Ettore protestò col maggior calore che seppe trovare, tornò a esprimere la speranza d’una possibile guarigione e perchè il suo silenzio non avesse ad essere un’altra volta male interpretaco, cominciò a parlare e non cessò se non a viaggio finito.

D’altronde, molte cose gli interessava in real-