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avrebbe considerato avvilimento il gesto d’amore non accompagnato dalla febbre del sentimento.

Era forse sola, era certo sola nel suo ambiente a comprendere Noris. Per tutti gli altri, l’indifferenza dell’aviatore a qualsiasi fascino femminile cominciava ad assumere proporzioni di leggenda. Gli si attribuivano sdegnose ripulse che egli non aveva mai avuto occasione di fare anche perchè la sua esistenza appartata metteva addirittura una barriera fra lui e il mondo e la società.

Era verissimo però che molti cervelli femminili sognavano di lui e lo rivestivano di idealità e foggiavano sull’immagine sua il sospirato e l’atteso.

Nel mondo della galanteria femminile era specialmente discussa e insidiata la sua indifferenza perchè quello era il campo dove i colleghi suoi in aviazione coglievano i loro maggiori allori, dove più cercavano la facile gioia che doveva far obliare la sempre vicina possibile morte e compensarla eventualmente.

«Carpe diem!» Il motto pagano del poeta latino pareva riassumere nella pratica della vita tutta la filosofia di quel manipolo di giovani votati sempre a una possibile tragica morte, sospesi sempre fra il sorriso fulgido della vittoria e il buio del sepolcro spalancato. Cogli l’ora! ruba l’ora! Prendi della vita tutti i sorrisi, dell’ebbrezza tutte le vertigini, della voluttà tutto le febbri perchè nessun rammarico turbi la tua agonia se mai avvenga che la Morte piombi su di te nello spazio azzurro e ti folgori insieme alla tua orgogliosa audacia! «Carpe diem!»

Quando giungeva felicemente sui campi di arrivo dopo una difficile prova, un viaggio avventuroso, una tappa di circuito, ognuno di quei giovani aveva, primo d’ogni altro, un identico pensiero: la sua donna!

Intorno, i commissari, i giornalisti, gli appassionati, i curiosi lo circondavano, lo acclamavano, lo esaltavano: circolavano i calici di cham-