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perchè per nessuna cosa al mondo ella avrebbe acconsentito a gustare uno di quei dolci....

Nemmeno Minerva Fabbri, che pure era convinta che Tripoletta amasse Noris con passione assoluta, sospettava quella gelosia atroce e quel rancore così doloroso. Qualunque idea di debolezza sentimentale era così lontana dal suo sogno che neppure la sfiorava il sospetto di essere temuta da alcuno come una nemica.

Certo, ella aveva concepito subito una viva simpatia per Noris che all’infuori della sua superiorità professionale assoluta le appariva diverso da tutti gli uomini avvicinati in Italia — chiuso, concentrato, austero — simile soltanto a qualche tipo d’apostolo incontrato fra i colleghi slavi d’università.

Ma nella sua simpatia non entrava alcun turbamento che potesse darle un allarme.

Adesso, dopo tre settimane che ella osservava il suo maestro, sentiva la curiosità di conoscerlo non meno viva della passione di emularne l’abilità.

I discorsi che le tenevano, a Genova, gli amici e i colleghi di Noris determinavano vieppiù questa curiosità.

Ella non poteva ormai imbattersi in Paolo Adelio, nell’Ardenza, in Lorenzo Rolla senza sentirsi chiedere:

— Ebbene, come va il cuore?

— A che punto siamo?

— Domato, il vincitore del Cervino?

— Caduto, l’invulnerabile?

Dapprincipio s’era inquietata. Adesso rideva. Sapeva che le insinuazioni non rispondevano a un preciso sospetto, che anzi, in fondo, tutti gli amici di Noris erano convinti della sua perfetta invulnerabilità.

Troppo convinti.

— L’Incombustibile, — lo aveva soprannominato Cino Coralli.

E Folco Ardenza, che nutriva una sincera simpatia fatta anche d’affettuosità per il Noris, le diceva convinto: