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na, — consigliò Paolo Addio, — Noris ne è gelosissimo.
— Lo comprendo. Non ci farete nemmeno vedere la vostra officina, nevvero? — soggiunse rivolta a Noris.
Questi pregò infatti:
— No, oggi no, scusate. Ho due operai che lavorano e non vorrei distrarli.
— Contravvenzione alla legge sul riposo festivo, — osservò scherzando rado Adelio.
Ma Ugo fu pronto a ribattere in difesa del maestro:
— Noi siamo fuori della legge; siamo fuori anche della vita.
— Infatti, — osservò una delle ragazze, — vi siete confinati qui in un paese che davvero pare fuori del mondo.
— Tu non ti annoi mai, qui? — domandò Ughetta rivolta al giovinetto.
Ugo le si avvicinò, sospirò, disse piano:
— Adesso mi annoierò molto quando penserò a te.
— Non vieni mai a Genova?
— Qualche volta.
— Io canto alle «Variétés»: vieni a trovarmi. Un’onda di sangue colorì il volto del fanciullo.
— Verrò, — egli promise mentre Folco Ardenza che aveva udito il breve dialogo, si girava per raccomandargli:
— In questo caso fai presto perchè può darsi che posdomani la signorina non ti conosca più. Siamo di memoria labile.
Ughetta protestò:
— Non gli badare: è geloso.
— Sai, — ribattè l’Ardenza che si divertiva, a stuzzicare il ragazzo, — sai a quanti ha già detto da iersera a oggi di andarla a trovare?
— Sentilo!
— A Paolo Adelio, intanto.
— Oh, un giornalista! non conta!
— No, vero? — fece Paolo Adelio intervenendo. E volgendosi all’Ardenza: — Fin qui, scusa,