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Ughetta intervenne:
— Accettatela, Noris. Non è pericolosa. Detesta gli uomini come voi detestate le donne. Andrete molto d’accordo insieme.
Una risata generale accolse queste parole che visibilmente seccavano Noris, ma anche la Fabbri si era unita al coro di risa e allora il giovane si rasserenò.
— Mi permettete una domanda, signor Noris? — domandava adesso la Fabbri immergendo negli occhi chiari di Noris lo sguardo acuto delle sue pupille.
— Prego.
— C’è una ragione assoluta per la quale non possiate accettarmi per allieva? Badate. Io non ho l’abitudine di pregare nessuno ma confesso che mi dorrebbe rinunciare a un maestro come voi. Non vi pregherò so mi confermerete che non volete saperne di me, ma prima di rinunziare a voi come maestro, vorrei vedere se proprio non c’è modo d’intenderci. Dunque?
— Guarda che splendore di testai — osservò Paolo Adelio a Noris indicandogli Minerva Fabbri che aveva levato la sua piccola testa a guardare il giovane con quel risoluto gesto di sfida che la rendeva irresistibile.
Noris corruscò la fronte e tacque. La fanciulla, che aveva udito, lanciò una fredda occhiata al giornalista e disse tranquilla:
— Siete uno sciocco, Adelio.
Si rivolse di nuovo a Noris coll’impressione che l’ osservazione disgraziata di Paolo Adelio avesse compromesso irreparabilmente ogni combinazione possibile.
— Dunque? — ripetè, — fuori le obbiezioni.
Perchè suppongo ne avrete parecchie.
— Due sole.
— La prima?
— La mia libertà alla quale tengo moltissimo e che temo di compromettere.
— Perchè? non crederete mica che io voglia invadere tutto il vostro tempo.
— No, ma io voglio essere padrone di anda-