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Minerva Fabbri domandò:

— E Noris, cosa fece quando se la vide comparire davanti?

— Sulle prime s’inquietò. La sgridò, le disse che l’avrebbe consegnata al comandante perchè dal primo porto di Sicilia la rimandasse al suo paese. Ma la fanciulla rispose che in tal caso si sarebbe buttata in mare. Son persuaso che l’avrebbe fatto. Parlava con una calma, una tranquillità, una serenità, che dimostravano la sua risoluzione ferma. Quando si accorse che Noris cominciava a tentennare, le si buttò ad piedi supplicandolo con certe frasi che commovevano anche.

— Che diceva? — chiese Ughetta che ascoltava palpitante.

— Cose sconnesse in un bizzarro linguaggio che comprendevamo per intuizione. Supplicava Noris di tenerla, protestava che lo avrebbe servito come una schiava, che avrebbe dormito fuori della sua porta, che gli avrebbe macinato il caffè e preparato il latte di palma. E Noris l’ha tenuta.

— Così — concluse Paolo Adelio — finisce il romanzo orientale di Noris.

Ma Minerva Fabbri protestò:

— Finisce? mi pare appena incominciato. Credete voi che quella piccina non finirà per farsi amare dal vostro amico?

— Tutto può essere, cara. Ma non lo credo.

Noris è invulnerabile come voi, e come voi inesorabile. Ma, ripeto, tutto è possibile. Anche, per esempio, che la fierissima Pallade Atena s’innamori di Ettore Noris.

— Tutto è possibile tranne questo, — disse tranquilla la fanciulla.

— Allora, mettiamo di Cino Coralli.

Stavolta la protesta fu soltanto una sonora risata.

— Davvero? — domandò Paolo Adelio, — così lo disdegnate?

— Così, caro.

— Povero Coralli, non merita, proprio non me-