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— Belle! — ella proclamava con ammirazione. — E vere, no?
— Certo.
Ugo intervenne.
— Le ha portate Noris dall’Africa.
— È stato in Africa, Noris?
— Non lo sapevate? — chiese stupito Paolo Adelio.
— Io no.
— Sicuro. Ha fatto parte della squadriglia d’aviatori che ha partecipato alla guerra. È anzi quello che si è spinto più lontano di tutti, sino al Fezzan, oltre il deserto.
— Questi sono, in tal caso, documenti di stato di servizio.
— Precisamente.
La rievocazione di quell’impresa, e la voce di Cino Coralli che ripeteva:
— Dunque, si può bere qualcosa, si o no? — fece sovvenire a Ugo l’ordine di Noris.
Bisognava dire a Tripoletta che preparasse il caffè.
Ma chissà dove s’era cacciata quella cerbiattola spaventata! La chiamò forte, senza speranza di essere udito:
— Tripoletta!
Invece, con sua grande meraviglia, prima ancora che Ughetta avesse esclamato in una risata:
— Che razza d’un nome! — un musetto olivastro contornato da una selva di capelli nerissimi, crespi, corti e ribelli, spuntò da dietro l’uscio socchiuso della stanza attigua.
— Dio! e chi è costei?
— Un altro documento dello stato di servizio di Noris, — spiegò Paolo Adelio.
La Marinka domandò:
— Una figlia avuta laggiù?
— Che! Noris? vi pare?
— Eppoi — fece Cino Coralli, — non vedi che è una ragazza di quindici anni almeno?
— No!
— Sicuro.
Ugo chiamò: