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— Curioso! E io, Ughetta!

— Dite un po’, — osservò Folco Ardenza rivolgendosi dall’alto della scala dove era giunto prima, — non potreste smetterla voialtri due?

— Io — disse Ugo — ho il dovere di rispondere alla signora.

— E tu — fece il viluppo di pellicce che aveva dichiarato di chiamarsi Ughetta, rivolto all’Ardenza — hai quello di non fare lo scemo.

— Ho capito: allora, accomodati.

Ughetta s’accomodò subito.

— Quanti anni hai? — domandò rivolta a Ugo.

— Diciassette, per servirla.

— Grazie. E.... sei orso come il tuo principale?

— Come Noris, vuol dire?

— Già.

— Un po’ meno.

— Senti questa canaglia! Ma sapete che ha dello spirito?

— Toh! bella scoperta! — fece Ugo con tono d’uomo offeso.

Adesso erano tutti sul pianerottolo, in capo alla scala. Ugo spalancò la porta che metteva nell’appartamento di Ettore Noris e s’inchinò a Ughetta invitando:

— S’accomodi.

— Grazie, caro. Oh! — proseguì subito, — che salotto curioso!

— Magnifico! — dichiarò la più alta e la più maestosa delle tre figure femminili.

Lorenzo Rolla si compiacque del giudizio come di un complimento rivolto a lui:

— Che vi dicevo io? Noris s’è costrutto un piccolo paradiso qui.

— Ma ho paura che noi, oggi, glielo mutiamo in un inferno.

— Credete? — domandò la terza delle donnine che ancora non aveva aperto bocca.

— Sono sicuro per lo meno che non ci è riconoscente.

— Ah! ma sarebbe enorme!

— Perchè? in fondo, io gli do ragione. Quando