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— Rimanga!
— Potessi!
— Che cosa glielo impedisce? non m’ha detto di essere solo al mondo?
— Solo, — confermò Noris.
— E allora?
— Allora ci sono gli impegni, c’è il lavoro, c’è il dovere.
Marguerite osò intervenire nel discorso:
— Per chi lavora, — domandò, — se non ha nessuno?
— Per nessuno, signorina.
Un vago gesto desolato sottolineò quelle parole.
Il curato intervenne:
— La solitudine dev’essere terribilmente triste alla sua età. Permetta a un vecchio prete di darle un consiglio: si faccia una famiglia.
Le ciglia, dei grandi occhi azzurri che fissavano il giovane palpitarono rapide nell’attesa breve della risposta e quando la risposta venne, una calma espressione di pace si diffuse nelle iridi larghe e serene.
— Non posso, caro amico, — diceva la risposta.
— Perchè?
— Perchè sarebbe un delitto associare una donna al mio quotidiano duello con la morte.
— E non rinunzierebbe mai a questa vita?
— Non credo. È la mia vita.
— Allora, ha ragione. Ma non sente mai la nostalgia d’una famiglia, d’una casa sua?
— Raramente. La vita che io conduco non me ne lascia il tempo. E gli ambienti che solitamente frequento non sono tali da suggerire la nostalgia di una casa.
Adesso, gli occhi di Marguerite esprimevano un misterioso sgomento, come si fossero spalancati sull’orlo di un abisso tenebroso. Si rifecero subito limpidi e chiari quando Noris ebbe soggiunto:
— Se mi accadesse sovente di trovarmi in un ambiente come questo, di passare una serata