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dietro la tenda e riapparve quasi subito reggendo un largo cesto colmo di buste multicolori e di bustine giallognole di telegrammi.

— Dio, quanta roba! — fece Noris sgomento.

— Nevvero? E continua ad arrivarne dell’altra. Erano tante che la signorina Marguerite ha dovuto prestarmi una cesta della biancheria per raccoglierle tutte.

— La signorina Marguerite? e chi è?

— La nipote del curato, signor Noris.

— Giovane, eh, canaglia?

— Giovane, sì, e carina, — fece Ugo arrossendo sotto la discreta allusione del suo maestro.

Ma Noris aveva aggrottato le sopracciglia e mutando tono a un tratto, raccomandava:

— Non far sciocchezze, neh? mi raccomando.

I ragazzi che lavorano con me debbono lasciare un buon ricordo dappertutto dove passano.

— Non abbia paura, signor Noris.

— Già, — soggiunse, — anche se avessi le idee che non ho, sarebbe perfettamente inutile. Dove c’è lei, signor Noris, gli altri uomini possono scomparire, giovani e vecchi, perchè le donne non hanno più occhi che per lei.

— Tu sei matto!

— E così. So bene che a lei non importa, che lei non ci bada, che forse non si accorge nemmeno. Lo sappiamo tutti, ma è la verità. Anche la signorina Marguerite che avrà sì e no sedici anni e che positivamente ha un visetto da madonnina, è tutta in orgasmo quando parla di lei.

— Ma dove e come te ne sei accorto se tu sei qui da stamattina?

— Sì, ma adesso sono le quattro, signor Noris, e ho pur dovuto scendere per far colazione. Il curato, che deve essere una bravissima persona, ha fatto della sua sala da pranzo corte bandita per i meccanici del signor Noris e per i giornalisti. Eravamo in nove a colazione e c’era, naturalmente, anche la signorina Marguerite.

— Ho capito.

— Guardi, — continuò Ugo che frattanto an-