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a raggiungere. Non ne potevo più. Avevo bisogno ai vederla. Ho preso il diretto del Sempione alle due e alla sera sono arrivato a Sion. Ho cercato una automobile per venir subito a Evolena ma non ne ho trovate. Allora ho deciso di dormire a Sion e di ripartire stamattina presto. Ho fatto così.

— E appena arrivato ti sei messo subito far l’infermiere, nevvero? Sei un bravo ragazzo, caro Ugo, e io ti ringrazio.

— Oh, non dica così, signor Noris! se sapesse come sono felice di stare con lei, come sono orgoglioso di essere qui adesso! Sono io che debbo ringraziarla di lasciarmi qui! Chissà quanta gente vorrebbe essere al mio posto!

— Forse sì, ma per curiosità e per vanità. Tu ci sei per affetto, nevvero, Ugo?

Adesso gli occhi del giovinetto erano pieni di lagrime. L’affettuosità del suo superiore che egli sapeva essere solitamente chiuso, rude e freddissimo per tutti, acquistava dalle circostanze un significato così prezioso da gonfiargli il cuore di tenerezza e di orgoglio.

— Questo è il più bel giorno di mia vita, — egli disse con semplicità.

— È un bel giorno anche per me, — fece Noris, — sono contento d’aver fatto quello che ho fatto, Ugo.

Il giovinetto parve ricordarsi a un tratto di una cosa molto importante.

— C’è di là tanta posta per lei, signor Noris, — disse, — vuol vederla?

— Dove, di là?

Il ragazzo accennò oltre la tenda bianca nell’altra metà della camera silenziosa.

— Sul tavolo, di là.

— Ah, sta bene. In questo caso, portamela. Temevo che tu dovessi scendere e dare l’allarme a tutta quella brava gente.

Ugo sorrise.

— Non vuole che sappiano che s’è svegliato?

— Per ora no. Si sta tanto bene qui.

Il giovinetto attraversò la stanza, scomparve