Pagina:Steno - La Veste d'Amianto.djvu/103


— 97 —

che non capiva più nulla e che non poteva reggersi. Le hanno fatto bere dello champagne, se ne ricorda?

— Ah no! — Vede? il medico ha insistito perchè la facessero riposare subito e allora, poichè non c’è in paese un albergo discreto, il sindaco e il parroco hanno offerto la loro casa. Il medico l’ha fatto accompagnare qui e l’ha messo a letto.

Ecco tutto.

— Che brava gente! Se non riposavo, morivo!

— Lo credo. E si figuri che c’erano dei giornalisti che insistevano per parlarle. Non sono ancora partiti, sa! Sono giù.

— Dove giù?

— In paese. Stamattina hanno supplicato anche, me. Mi fanno la corte come a un personaggio importante, nella speranza che io li avverta appena lei starà meglio e sarà in grado di riceverli.

— Lasciali aspettare, Ugo. E dimmi come ti trovi qui, tu.

— Sono partito ieri mattina da Châtillon non appena ho perduto di vista l’apparecchio. Sono venuto in automobile fino a Torino col presidente del Comitato e con due giornalisti. Facevano conto di aspettarla colà. Si ricorda che era stabilito appunto così, che andando bene le cose lei sarebbe ripartito subito da Evolena?

— Già.

— Sapesse che accoglienza le avevano preparato a Torino! Non importa. Saranno per quando ci arriverà. E anche a Genova. Ieri, dunque, eravamo a Torino da forse mezz’ora, quando, un po’ prima di mezzogiorno, arrivò da Sion un telegramma che annunziava il suo trionfo. Che entusiasmo! avesse visto! i giornali pubblicarono subito la notizia in edizioni speciali e in città non si parlava d’altro. Un po’ più tardi, alla sede del Comitato giunse la notizia che il medico aveva consigliato di lasciarla riposare almeno fino ad oggi qui. Allora, io, risolvetti di venirla